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15 OTTOBRE 2018: GIORNATA MONDIALE DELLA CONSAPEVOLEZZA DEL LUTTO PERINATALE

8 Ottobre 2018

Cosa si intende quando si parla di MEF e lutto perinatale?

In termini tecnici si chiama “morte endouterina fetale (MEF)” la perdita del bambino dopo la 22° settimana di gestazione, e si parla di “mortalità perinatale” quando avviene tra la 28° settimana e i primi 7 giorni dalla nascita.

Da fonte ISTAT 2014, si stima che in Italia ogni giorno muoiano 3 bambini nel periodo perinatale, ed è un evento di grande impatto sotto molteplici punti di vista.

Improvvisamente, infatti, una coppia si trova a dover affrontare la morte di un figlio nel momento in cui invece si stava preparando ad accogliere una nuova vita.

Nella seconda parte del post parlerò di ciò che si può fare dopo la perdita, ma c’è un prima di cui è fondamentale prendersi cura per iniziare a curare, appare infatti necessario garantire due aspetti fondamentali dell’assistenza:

  • la continuità assistenziale di un team multidisciplinare (ostetrico- ginecologico-psicologico) in reparto;
  • l’assistenza “one to one” durante il travaglio, il parto ed il post-partum.

Per farlo ci vogliono anche spazi attrezzati all’interno del reparto dell’Ospedale.

Serve sicuramente più privacy per queste coppie che mentre vivono un trauma così devastante, sentono i vagiti degli altri bambini appena nati o le grida delle partorienti.

C’è poi l’aspetto della resilienza degli operatori a stretto contatto con le coppie. “Non è facile stare con il dolore della morte di un bambino e con quello dei genitori. Stare nel dolore e con il dolore comporta uno stress di tipo emotivo fortissimo che si può fronteggiare solo con una solida azione di accompagnamento e supervisione con esperti del settore”.

 

La Storia di Giada

Giada si è rivolta a me a seguito della perdita della sua bambina, Anna, al 9° mese di gravidanza.

Desiderava moltissimo la sua bambina, aveva avuto 2 aborti spontanei negli anni precedenti, uno nel primo trimestre di gravidanza, il secondo al quarto mese.

Insieme al compagno, si erano supportati vicendevolmente e avevano cercato questa terza gravidanza, che era trascorsa tranquillamente. Il nome era stato scelto quasi subito, la cameretta era pronta, gli arredi, i corredini, i giocattoli, i muri con una tappezzeria a pastelli.

Una notte Giada si è svegliata, aveva avuto una grande perdita, poi la corsa all’ospedale dove hanno rilevato che non c’era più battito.

Giada ha partorito la sua bambina e l’ha stretta fra le sue braccia, dovendo però poi lasciarla andare.

Sono stati istanti, giorni, mesi difficilissimi.

Abbiamo lavorato insieme sulla mancanza della sua bambina e sul dolore di sentirsi mamma di un figlio che non è nato; sulla sofferenza nel vedere le altre mamme con i propri bambini vivi e sani; sulla perdita e sul lutto.

Attraverso l’EMDR, un metodo psicoterapico strutturato basato sulla desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari (in inglese eye movement desensitization and reprocessing da cui l’acronimo EMDR), abbiamo lavorato sulle immagini dolorose, come la notte in cui è stata male, il parto, il volto e il corpicino della piccina fra le sue braccia, la stanza vuota.

Piano piano, l’amore del compagno, la famiglia, il lavoro fatto assieme, ha creato lo spazio necessario all’idea di un bambino, al provare ad avere un altro bambino. Il “cantiere”, come lo chiamava Giada, è stato a lungo pensato, ma inizialmente non è stato facile da mettere in pratica, prima abbiamo lavorato sui sensi di colpa verso Anna, sulla possibilità di avere un fratellino per Anna che non la cancellasse: solo allora Giada si è sentita pronta, quando ha potuto dirsi che sarebbe rimasta mamma di Anna per sempre, e che sarebbe potuta essere mamma anche di un altro bambino. Ho quindi seguito Giada per tutta la gravidanza di Francesco, avendo cura che l’amore per entrambi avesse uno spazio.

Durante la terapia con Giada, ho effettuato anche dei colloqui con Matteo, il suo compagno, per aiutarlo ad elaborare il trauma e per accompagnarlo verso questa nuova tappa. Perché è la coppia che affronta il trauma, non solo la mamma: sempre di più infatti c’è attenzione per il ruolo del papà nelle problematiche legata alla gravidanza e al post partum.

 

 

 

Tags
aiuto
EMDR
figlio
lutto
lutto perinatale
mamma
MEF
ospedale
perdita
sofferenza

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Eleonora Bianchi © 2021
15 OTTOBRE 2018: GIORNATA MONDIALE DELLA CONSAPEVOLEZZA DEL LUTTO PERINATALE - Eleonora Bianchi Psicoterapeuta EMDR